Riparare non buttare
Storia di un frullino fortunato
Se non lo puoi riparare non è tuo
La scorsa volta ci siamo lasciati con la citazione qui sopra – in cui credo fortemente – ora però, prendete del rame, dell’acciaio, della plastica e unitelo assieme in modo da ottenere un frullino: “fatto??”
E cosa succede se al vostro frullino si rompono le ruote dentate che permettono alle fruste di girare? Su questo non ho dubbi, prima di avere a disposizione una stampante 3D avremmo dovuto sicuramente renderlo spazzatura.
Di pezzi di ricambio neanche a parlarne; anche se le case produttrici li mettessero a disposizione, per i modelli più vecchi – come questo – sarebbe comunque difficile trovarne.
E allora come procedere? Il modus operandi è sempre lo stesso: innanzitutto bisogna crederci, non è una cosa facile e ci vuole un po’ di lavoro (soddisfazione garantita però!).
Un rilievo accurato, uno schizzo veloce e a seguire un disegno nel programma CAD preferito, questa la ricetta. Bisogna porre particolare attenzione alle tolleranze e agli errori dimensionali propri della tecnologia di stampa 3D (±0,1mm nel mio caso)
Quasi mai si arriva subito al risultato, bisogna fare vari tentativi, è un lavoro “trial and error” per l’appunto. L’ obiettivo è però onorevole: riparare non buttare.
La parte migliore della storia è che adesso il nostro amico frullino può consumare le sue rotelle quando e quanto vuole poiché tanto possiamo ristamparle, e soprattutto se qualcuno lì fuori ha lo stesso modello (Philips HR1500-A) può scaricare il file e stamparlo.
Avete ancora dubbi sulla terza rivoluzione industriale?
Davide Ercolano
Baugrafik – [Costruendo]grafica