Riparare non buttare
Avete mai sentito parlare del sito iFixit?
iFixit è una comunità di persone che si aiutano a vicenda per riparare cose. Aggiustiamo il mondo, un prodotto alla volta
questa è la traduzione della loro descrizione che campeggia in homepage. Hanno tantissimo materiale pubblicato, sono bravi, sono un punto di riferimento mondiale ed hanno un negozio on-line (non importa, non bisogna demonizzarli perché riescono a capitalizzare).
Sono anche e soprattutto, i fautori del movimento del “Self-Repair” – mi piace tradurlo come “riparatelo” con la sua doppia valenza – il cui manifesto è pubblicato qui.
Baugrafik.it sottoscrive, appoggia e divulga la filosofia del “riparatelo” e più in generale ancora del “fai da te” come dimostra la nostra collaborazione con Villa Pennisi in Musica (coinvolti nel workshop W-Sound), il gruppo Facebook “Voglio imparare a stampare in 3D!” e i nostri workshop sul montaggio di stampanti 3D; ecco, stampa 3D. Quando un oggetto si rompe nelle sue parti plastiche spesso è possibile ripararlo con i collanti (qualcuno ha detto cianoacrilato?) o con nastri adesivi vari. Ma quando il componente è irrimediabilmente rotto o addirittura smarrito? Qui entra in gioco la cultura “fai da te” che si unisce a quella “riparatelo” con quel filo che si chiama “stampa 3D”.
E’ vecchio, è sporco, ha un pezzo in meno, costa poco: lo ricompro
quante volte l’ho sentito (troppe!) e l’argomentazione sembra anche corretta, lo è per certi versi ma è incompleta: manca il passaggio “lo butto”. Buttare, trasformare un oggetto in rifiuto, renderlo per sempre a carico del futuro, è un’operazione che prendiamo troppo alla leggera. Siamo “scostumati” al riguardo, ci hanno educato male. Ci vuole buona volontà, bisogna crederci e ci vogliono anche delle competenze. Non ne abbiamo? Chiamiamo un amico o un amico di un amici, c’è Facebook che avvicina tutti.
Possiamo spendere qualche ora in questo modo, ingegnandoci, osservando, smontando, misurando.
Di certo non è gratis, non è questo il punto. Forse si rischia anche di spendere di più tra ore lavoro e materiali di riparazione. Nell’epoca in cui viviamo i prezzi di produzione si sono abbattuti al punto che una riparazione costa di più dell’oggetto nuovo. Ma il discorso qui si complica e diventa un po’ (ma veramente giusto di poco) fuori tema. Nulla però, dico nulla, ci giustifica a questo punto la trasformazione in rifiuto a cuor leggero. Non possiamo più permettercelo, nessuno può più permetterselo.
La fabbrica produttrice (che dà lavoro ad ogni modo) vende qualche pezzo in meno, chi mi disegna il pezzo guadagna qualcosa, chi mi stampa il pezzo guadagna qualcosa: il territorio guadagna qualcosa.
E’ la decrescita felice.
Siate portatori di questo nuovo modo di pensare, siate voi stessi questa nuova filosofia, insegnate ai bambini com’è bello smontare le cose, parlate con loro e ditegli che il loro vecchio giocattolo può diventare nuovo se lo si monta a qualcos’ altro. Non contare sulla vecchia storia del riciclo, è gonfiata e antieconomica. Talvolta purtroppo anche falsa.
Il “riutilizzo” è il vecchio nuovo futuro: è il vecchio modo di fare le cose, il futuro sistema per evitare il collasso.
E ricordate
Se non lo puoi riparare, non è tuo
Davide Ercolano
Baugrafik.it [costruendo]grafica